martedì 25 febbraio 2014

commosso per l’edificazione videoludica

Ho iniziato a giocare con Nintendo da vero casual gamer, con il pensiero proiettato a quando avrei messo piede in Wind Waker dopo il giro di boa di Ocarina Of Time.
Ma Ocarina of Time mi circuiva inesorabilmente, attirandomi con forza, blandendo le mie ore di vita virtuale, lasciandosi lentamente innamorare di sé.
Al termine dell'esperienza, dopo circa un mese di gioco, durante le scene finali avevo le lacrime agli occhi. Goccioloni di emozione assieme a brividi scemi. Per tutto il tempo non avevo giocato a nient’altro, Zelda era divenuta la mia ossessione personale, una questione privata come si dice.
Per tutto il tempo ero sopreso nel sentirmi così rapito. Senza contare che era la prima volta che manifestavo spontanea commozione per un videogioco.
Ero letteralmente commosso per il viaggio, commosso per i simpatici saluti finali di tutti i personaggi incontrati, commosso per la storia, per l’esperienza nel Tempo, commosso per l’edificazione videoludica che avevo ricevuto.
Ero commosso per le notti insonni e le mattine e poi ancora le notti allucinate rapite dalla favola Zelda, dal sentimento, dalle sub-quest, dalla risoluzione dei dungeons…
Sentivo la mole dil lavoro dei game designer, la calda umanità che si era magicamente generata dietro lo sviluppo ludo-narrativo, il magnifico sense of wondering guidato che inspiegabilmente Grand Theft Auto III non mi regalava a tal punto.

Riconobbi Zelda come un mondo vivo, palpitante, colmo di vita digitale.
Mi sentivo commosso come nel congedare una persona cara, umana, in procinto di partire via.
E' pur vero che si trattava di un penoso periodo di vita caratterizzato da una profonda delusione affettiva e lavorativa, ma nient’altro nell’universo mi aveva donato uno svago e una leggerezza al cuore come l’esperienza di Zelda.
Fu davvero come una calda e tonificante magia.


[tratto da electronicself.blogspot.com/‎]

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